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Subject: [Scienza] Astronomia
Per l'evoluzione la prima gallina è nata dall'uovo di una quasi-gallina... prima l'uovo insomma, con tutto il rispetto per lo stagirita
Marte addio: nello spazio gli astronauti perdono troppi globuli rossi
Ricerca effettuata su 14 persone impegnate nelle attività di astronautica e pubblicata sulla rivista Nature Medicine. L’eccessiva emolisi può causare affaticamento, mancanza di fiato e tachicardia
Vittorio Sabadin
19 Gennaio 2022
E’ cominciata la corsa verso la Luna e Marte, ma uno studio pubblicato su Nature Medicine sembra destinato a mutare i progetti di cui tanto si parla: gli scienziati hanno scoperto che l’organismo umano non è fatto per viaggiare nello spazio. Basta infatti una lunga permanenza nell’orbita terrestre per ridurre in modo sensibile il numero di globuli rossi presenti nel sangue, e senza globuli rossi non si va da nessuna parte.
La ricerca ha coinvolto per sei mesi 14 astronauti in missione nella Stazione Spaziale, ai quali è stato chiesto di espirare a intervalli regolari dentro alcuni contenitori, che sono stati poi sigillati e riportati sulla Terra per le analisi. Gli scienziati hanno quindi verificato la quantità di monossido di carbonio nel respiro degli astronauti, misurando per analogia la quantità di globuli rossi che “muoiono” quando si emette l’aria dai polmoni.
I globuli rossi portano l’ossigeno dai polmoni ai tessuti dell’organismo e riportano parte dell’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni perché venga eliminata con il respiro. Compiendo questo lavoro invecchiano e alla fine muoiono, sostituiti da altri globuli rossi che vengono prodotti dal midollo osseo.
Esaminando l’anidride carbonica degli astronauti, i ricercatori hanno constatato che la quantità di eritrociti che diventano inattivi quando un essere umano si trova nello spazio è del 52% superiore a quanto avviene sulla Terra. Non solo, lo stato di anemia provocato dalla permanenza in orbita perdura anche dopo il ritorno degli astronauti, con individui che ne hanno sofferto per anni.
L’eccessiva emolisi, questo il termine tecnico per la distruzione dei globuli rossi, può causare affaticamento, mancanza di fiato e tachicardia, tutte condizioni poco adatte a un lungo e impegnativo viaggio come quello necessario a raggiungere Marte. Normalmente, ogni giorno perdiamo l’1-2% dei globuli rossi presenti nel sangue, che vengono rapidamente sostituiti. Ma negli astronauti il processo di sostituzione non riesce a far fronte alle perdite, generando significative condizioni di anemia.
Si faranno altri studi, perché non è ancora chiara la ragione dell’eccessiva scomparsa dei globuli rossi quando si rimane per lungo tempo in orbita, ma questo problema è solo uno dei tanti che gli astronauti dovranno affrontare in un viaggio su Marte, che il miliardario Elon Musk prevede ottimisticamente di realizzare entro pochi anni. Nello spazio diminuiscono la massa muscolare e la massa ossea, generando fenomeni di osteoporosi. I liquidi si concentrano nella parte alta del corpo, gonfiando il collo e la testa, la capacità cognitiva diminuisce, i movimenti oculari diventano più faticosi.
Se tutto questo non bastasse, c’è poi il problema delle radiazioni cosmiche dalle quali, sulla Terra, ci protegge il campo magnetico del pianeta. Ogni anno in Italia ne subiamo per l’equivalente di 11 radiografie toraciche equivalenti a 3,3 millisieverts, l’unità di misura che le quantifica. Chi andrà su Marte, nei tre anni di viaggio, ne riceverà circa 1.200 mSv: all’arrivo, i baldi astronauti che dovranno fondare la prima colonia saranno esausti, anemici, quasi privi di muscolatura e praticamente radioattivi. Meglio forse continuare a mandarci solo i robot.
Ricerca effettuata su 14 persone impegnate nelle attività di astronautica e pubblicata sulla rivista Nature Medicine. L’eccessiva emolisi può causare affaticamento, mancanza di fiato e tachicardia
Vittorio Sabadin
19 Gennaio 2022
E’ cominciata la corsa verso la Luna e Marte, ma uno studio pubblicato su Nature Medicine sembra destinato a mutare i progetti di cui tanto si parla: gli scienziati hanno scoperto che l’organismo umano non è fatto per viaggiare nello spazio. Basta infatti una lunga permanenza nell’orbita terrestre per ridurre in modo sensibile il numero di globuli rossi presenti nel sangue, e senza globuli rossi non si va da nessuna parte.
La ricerca ha coinvolto per sei mesi 14 astronauti in missione nella Stazione Spaziale, ai quali è stato chiesto di espirare a intervalli regolari dentro alcuni contenitori, che sono stati poi sigillati e riportati sulla Terra per le analisi. Gli scienziati hanno quindi verificato la quantità di monossido di carbonio nel respiro degli astronauti, misurando per analogia la quantità di globuli rossi che “muoiono” quando si emette l’aria dai polmoni.
I globuli rossi portano l’ossigeno dai polmoni ai tessuti dell’organismo e riportano parte dell’anidride carbonica dai tessuti ai polmoni perché venga eliminata con il respiro. Compiendo questo lavoro invecchiano e alla fine muoiono, sostituiti da altri globuli rossi che vengono prodotti dal midollo osseo.
Esaminando l’anidride carbonica degli astronauti, i ricercatori hanno constatato che la quantità di eritrociti che diventano inattivi quando un essere umano si trova nello spazio è del 52% superiore a quanto avviene sulla Terra. Non solo, lo stato di anemia provocato dalla permanenza in orbita perdura anche dopo il ritorno degli astronauti, con individui che ne hanno sofferto per anni.
L’eccessiva emolisi, questo il termine tecnico per la distruzione dei globuli rossi, può causare affaticamento, mancanza di fiato e tachicardia, tutte condizioni poco adatte a un lungo e impegnativo viaggio come quello necessario a raggiungere Marte. Normalmente, ogni giorno perdiamo l’1-2% dei globuli rossi presenti nel sangue, che vengono rapidamente sostituiti. Ma negli astronauti il processo di sostituzione non riesce a far fronte alle perdite, generando significative condizioni di anemia.
Si faranno altri studi, perché non è ancora chiara la ragione dell’eccessiva scomparsa dei globuli rossi quando si rimane per lungo tempo in orbita, ma questo problema è solo uno dei tanti che gli astronauti dovranno affrontare in un viaggio su Marte, che il miliardario Elon Musk prevede ottimisticamente di realizzare entro pochi anni. Nello spazio diminuiscono la massa muscolare e la massa ossea, generando fenomeni di osteoporosi. I liquidi si concentrano nella parte alta del corpo, gonfiando il collo e la testa, la capacità cognitiva diminuisce, i movimenti oculari diventano più faticosi.
Se tutto questo non bastasse, c’è poi il problema delle radiazioni cosmiche dalle quali, sulla Terra, ci protegge il campo magnetico del pianeta. Ogni anno in Italia ne subiamo per l’equivalente di 11 radiografie toraciche equivalenti a 3,3 millisieverts, l’unità di misura che le quantifica. Chi andrà su Marte, nei tre anni di viaggio, ne riceverà circa 1.200 mSv: all’arrivo, i baldi astronauti che dovranno fondare la prima colonia saranno esausti, anemici, quasi privi di muscolatura e praticamente radioattivi. Meglio forse continuare a mandarci solo i robot.
c'è qualcosa di rassicurante nell'idea che i ricconi non possano fuggire dal pianeta...
In effetti saranno "condannati" a spendere i propri soldi per migliorare questo... comunque immagino che l'autore volesse fare un po' di clic, perché è prevedibile trovare ostacoli e uno come Musk il giorno dopo ci mette poco a destinare qualche 100mln per trovare una soluzione al problema dei globuli rossi.
che fa? si porta dei passeggeri da usare come banca del globulo?
:P
:P
Ne so troppo poco. È una domanda da fare a ehehieh
(si scherza eh)
(si scherza eh)
Cmq, il finalino dell'articolo (da i baldi astronauti in poi... Lol) non mi è piaciuto per niente e quindi ho cercato un modo meno esultante di porgere la notizia.
Qui si parla di studi sull'aumento della distruzione e di studi da fare su un aumento della produzione.
Concordo che ci penserà Musk :)
https://www.google.com/amp/s/www.galileonet.it/vita-spazio-anemia-astronauti/amp/
(edited)
Qui si parla di studi sull'aumento della distruzione e di studi da fare su un aumento della produzione.
Concordo che ci penserà Musk :)
https://www.google.com/amp/s/www.galileonet.it/vita-spazio-anemia-astronauti/amp/
(edited)
Confido che oltre i milioni di musk & company sia proprio la capacità di evoluzione del nostro organismo a stupirci. E' vero che qui sulla terra viviamo una naturale evoluzione della specie ma essa è una risposta biologica alle condizioni di sopravvivenza che si vengono a creare sulla terra. Confido, per l'appunto, che questa condizione riesca a dare risposte anche abbandonando la nostra culla. Non ha senso aspettarsi risposte immediate ma ne ha - almno un po' - sperarlo nel lungo periodo e nelle generazioni successive. Nel frattempo ci si abbarbica con la medicina :)
È ARRIVATA!! IL JAMES WEBB HA FOTOGRAFATO I PILASTRI DELLA CREAZIONE!!
Sono senza parole. Senza fiato. La guardo, e faccio fatica a trattenere la commozione, la meraviglia, la gioia. Dovrei essere abituato a vedere immagini incredibili del cosmo, eppure di fronte a QUESTA foto, mi sembra di tornare bambino quando le cose del mondo si mostravano ai miei occhi per la prima volta.
È lei. La più bella, la più iconica, la più sognata. Così eterea, così dominante, così straordinariamente accecante di luce e meraviglia. Così piena di vita, di morte, e di nuova vita. Forsa la foto più attesa del James Webb, quella dei celebri Pilastri della Creazione si staglia davanti ai nostri occhi di uno splendore assolutamente mai visto.
Gli occhi infrarossi del Webb svelano un mondo quasi nascosto ai nostri occhi: i Pilastri della Creazione sono delle gigantesche nubi di gas e polveri, una immensa fucina di nuove stelle oscurate, nella luce visibile, dalle polveri stesse, la cui presenza è ovviamente fondamentale per formare nuove stelle. Se nel visibile le polveri oscurano quasi completamente la nostra visuale, ecco che nell'infrarosso si dischiude la magia, come aprire il coperchio di una cassa del tesoro rimasta sepolta per tanto, troppo tempo. Le polveri e i gas sono sostanzialmente trasparenti alla radiazione infrarossa: osservare i pilastri in queste lunghezze d'onda ci permette quindi di vedere cosa si cela dietro le immense nubi polverose: come gemme brillanti, stelle, tantissime stelle, stelle giovani, calde, appena nate la cui violentissima radiazione modella, plasma, scolpisce le polveri che le circondano, spazzando via gran parte del materiale residuo attorno ad esse.
Ecco perchè le regioni più dense di gas dei pilastri, quelle attorno a quegli agglomerati rossi e brillanti, sono modellati a formare quasi delle onde: quella è proprio la radiazione delle stelle appena nate insieme ai forti venti stellari che crea quelle forme curiose.
Ci sarebbero infinite cose ancora da dire: adesso, semplicemente, riempiamoci la mente, lo spirito e il cuore di tanta, tantissima bellezza.
Matteo
Credits: NASA, ESA, CSA, STScI
[url=https://ibb.co/Jxy66NT][/url]
Sono senza parole. Senza fiato. La guardo, e faccio fatica a trattenere la commozione, la meraviglia, la gioia. Dovrei essere abituato a vedere immagini incredibili del cosmo, eppure di fronte a QUESTA foto, mi sembra di tornare bambino quando le cose del mondo si mostravano ai miei occhi per la prima volta.
È lei. La più bella, la più iconica, la più sognata. Così eterea, così dominante, così straordinariamente accecante di luce e meraviglia. Così piena di vita, di morte, e di nuova vita. Forsa la foto più attesa del James Webb, quella dei celebri Pilastri della Creazione si staglia davanti ai nostri occhi di uno splendore assolutamente mai visto.
Gli occhi infrarossi del Webb svelano un mondo quasi nascosto ai nostri occhi: i Pilastri della Creazione sono delle gigantesche nubi di gas e polveri, una immensa fucina di nuove stelle oscurate, nella luce visibile, dalle polveri stesse, la cui presenza è ovviamente fondamentale per formare nuove stelle. Se nel visibile le polveri oscurano quasi completamente la nostra visuale, ecco che nell'infrarosso si dischiude la magia, come aprire il coperchio di una cassa del tesoro rimasta sepolta per tanto, troppo tempo. Le polveri e i gas sono sostanzialmente trasparenti alla radiazione infrarossa: osservare i pilastri in queste lunghezze d'onda ci permette quindi di vedere cosa si cela dietro le immense nubi polverose: come gemme brillanti, stelle, tantissime stelle, stelle giovani, calde, appena nate la cui violentissima radiazione modella, plasma, scolpisce le polveri che le circondano, spazzando via gran parte del materiale residuo attorno ad esse.
Ecco perchè le regioni più dense di gas dei pilastri, quelle attorno a quegli agglomerati rossi e brillanti, sono modellati a formare quasi delle onde: quella è proprio la radiazione delle stelle appena nate insieme ai forti venti stellari che crea quelle forme curiose.
Ci sarebbero infinite cose ancora da dire: adesso, semplicemente, riempiamoci la mente, lo spirito e il cuore di tanta, tantissima bellezza.
Matteo
Credits: NASA, ESA, CSA, STScI
[url=https://ibb.co/Jxy66NT][/url]
Il Big Bang non generò cose complicate, ma due semplici gas in quantità incommensurabile: idrogeno ed elio. Nient'altro, a causa dell'espansione le temperature scesero troppo rapidamente per permettere la creazione di elementi più pesanti. Tipo quelli che servono per fare i pianeti e ciò che li abita: dalla rodocrosite alle spighe di forasacco.
L'universo dopo il Big Bang era un posto molto buio. Ma la gravità stava già operando la sua magia, raccogliendo e addensando grumi di gas sempre più grandi. Pressioni e temperature nel loro centro salirono sempre di più finché... fu luce. Le prime stelle ad accendersi sono quasi una leggenda della cosmologia: ancora non sappiamo con precisione quando si conclusero le Ere Oscure dell'universo, ma fu grazie a queste stelle. Gli astrofisici le chiamano "stelle di popolazione III". Enormi, caldissimi e massicci, questi astri morirono molto in fretta, "contaminando" (o fertilizzando?) il gas primordiale con elementi mai visti prima: carbonio, ossigeno, fluoro, ferro, molibdeno, praseodimio...
Da questo gas nacque la seconda generazione di stelle, quelle di popolazione II, che arricchirono ulteriormente il mezzo interstellare delle nascenti galassie. Anche queste poi morirono, e dalle loro ceneri nacquero le stelle come il Sole, le ultime arrivate, la popolazione I. Le stelle di pop. III sono uno dei misteri più affascinanti ancora insoluti: sappiamo che sono esistite, DEVONO essere esistite, ma siamo ancora troppo miopi per vedere così lontano nello spaziotempo.
Hubble ha spinto il suo sguardo fino a meno di 1 miliardo di anni dal Big Bang, grazie a tecniche speciali. Ha trovato galassie in fasce, e tracce di reionizzazione. Ma era già troppo tardi, perché le pop. III sono vissute in un'epoca prima ancora delle galassie stesse. Ora però c'è James Webb, e tale telescopio riuscirà a spingere il suo sguardo ancora più oltre. Forse potrà darci le risposte che cerchiamo.
L'immagine che vedete è una simulazione artistica basata su dati reali di come poteva apparire una di queste protogalassie, sfavillante del colore azzurro di queste stelle antiche e creatrici, le prime a svegliarsi nel nostro universo e a scrollarsi di dosso la crisalide di gas da cui erano nate. Le prime a morire, le prime a inseminare l'immacolato gas primordiale.
-Lorenzo
L'universo dopo il Big Bang era un posto molto buio. Ma la gravità stava già operando la sua magia, raccogliendo e addensando grumi di gas sempre più grandi. Pressioni e temperature nel loro centro salirono sempre di più finché... fu luce. Le prime stelle ad accendersi sono quasi una leggenda della cosmologia: ancora non sappiamo con precisione quando si conclusero le Ere Oscure dell'universo, ma fu grazie a queste stelle. Gli astrofisici le chiamano "stelle di popolazione III". Enormi, caldissimi e massicci, questi astri morirono molto in fretta, "contaminando" (o fertilizzando?) il gas primordiale con elementi mai visti prima: carbonio, ossigeno, fluoro, ferro, molibdeno, praseodimio...
Da questo gas nacque la seconda generazione di stelle, quelle di popolazione II, che arricchirono ulteriormente il mezzo interstellare delle nascenti galassie. Anche queste poi morirono, e dalle loro ceneri nacquero le stelle come il Sole, le ultime arrivate, la popolazione I. Le stelle di pop. III sono uno dei misteri più affascinanti ancora insoluti: sappiamo che sono esistite, DEVONO essere esistite, ma siamo ancora troppo miopi per vedere così lontano nello spaziotempo.
Hubble ha spinto il suo sguardo fino a meno di 1 miliardo di anni dal Big Bang, grazie a tecniche speciali. Ha trovato galassie in fasce, e tracce di reionizzazione. Ma era già troppo tardi, perché le pop. III sono vissute in un'epoca prima ancora delle galassie stesse. Ora però c'è James Webb, e tale telescopio riuscirà a spingere il suo sguardo ancora più oltre. Forse potrà darci le risposte che cerchiamo.
L'immagine che vedete è una simulazione artistica basata su dati reali di come poteva apparire una di queste protogalassie, sfavillante del colore azzurro di queste stelle antiche e creatrici, le prime a svegliarsi nel nostro universo e a scrollarsi di dosso la crisalide di gas da cui erano nate. Le prime a morire, le prime a inseminare l'immacolato gas primordiale.
-Lorenzo
1 Nel principio DIO creò i cieli e la terra.
2 La terra era informe e vuota e le tenebre coprivano la faccia dell'abisso; e lo Spirito di DIO aleggiava sulla superficie delle acque.
3 Poi DIO disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
4 E DIO vide che la luce era buona; e DIO separò la luce dalle tenebre.
5 E DIO chiamò la luce "giorno" e chiamò le tenebre "notte". Così fu sera, poi fu mattina: il primo giorno.
2 La terra era informe e vuota e le tenebre coprivano la faccia dell'abisso; e lo Spirito di DIO aleggiava sulla superficie delle acque.
3 Poi DIO disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
4 E DIO vide che la luce era buona; e DIO separò la luce dalle tenebre.
5 E DIO chiamò la luce "giorno" e chiamò le tenebre "notte". Così fu sera, poi fu mattina: il primo giorno.
Deh mi credi che io non credo in Dio ma mi sembra più verosimile la seconda? Ahaha