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Subject: "Giornalismo", il meglio di...
Figlia dell'uomo più ricco di Spagna, proprietario dell'azienda
Se ci crede davvero, siamo alla personalità multipla. Decidono quali fatti cruenti mandare in onda, quali no, si scandalizzano sui primi dimenticandosi i secondi.
@johnnypalomba
Voi mi dite pora Kate, e che deve di’ allora la Goggia co due piedi sinistri?
Voi mi dite pora Kate, e che deve di’ allora la Goggia co due piedi sinistri?
Ahahahahahah
A me non sta per nulla simpatica francamente
A me non sta per nulla simpatica francamente
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/04/12/sciopero-contro-agnelli-sulla-stampa-non-si-dice/7510479/
Sciopero contro Agnelli, sulla Stampa non si dice
Di Gad Lerner
12 Aprile 2024
Ci fu un tempo in cui La Stampa, nella Torino operaia, veniva chiamata la busiarda. Ieri, come allora, invano avresti cercato su quel giornale la parola “sciopero” nei pur ampi resoconti dedicati alla visita dell’ad di Stellantis, Carlos Tavares. Proprio non c’era. E pazienza se oggi a convocare lo sciopero dei metalmeccanici siano tutti i sindacati, compresi quelli di destra. Pazienza se aderiscono il sindaco, il presidente della Regione e perfino alcuni imprenditori dell’indotto del settore auto. Né di sciopero, né tanto meno di corteo sotto la Mole dà notizia il quotidiano cittadino.
Piace notarlo lo stesso giorno in cui il presidente di Stellantis, John Elkann, a proposito dei giornali di sua proprietà, scrive testualmente nella lettera agli azionisti Exor: “Non dobbiamo mai perdere un giornalismo indipendente che resti fedele ai lettori cui si rivolge e non agli interessi di chi li possiede”. Ci sarebbe da ridere se gli ottimi colleghi de La Stampa non vivessero lo stesso ricatto occupazionale che motiva la protesta dei lavoratori. Fioccano i dividendi per gli azionisti Exor. Tavares incassa uno stipendio centinaia di volte più alto di Vittorio Valletta, il manager che nel dopoguerra trasformò la Fiat in un monopolio privato. Il capo di Stellantis rimprovera il governo che tarda a stanziare gli incentivi per l’auto elettrica e lo minaccia nel caso concedesse spazio alla concorrenza: “Se accadrà, qualcuno sarà responsabile delle nostre decisioni impopolari”. Con una buona dose di faccia tosta, aggiunge: “Perché limitare la sovranità nazionale nell’industria dell’auto?”. Come se Stellantis non fosse a maggioranza francese. E come se la sede legale e fiscale di quella che fu la Fiat non fosse già stata trasferita all’estero da Marchionne, senza che in Italia nessun politico alzasse un sopracciglio.
Gianni Agnelli, l’Avvocato nonno di John Elkann, usava dire che “quel che va bene alla Fiat va bene all’Italia”. Non è mai stato vero, anche se in molti fingevano di credergli. Quando Cossiga lo nominò senatore a vita aveva da poco esportato all’estero una quota enorme del patrimonio di famiglia. Dopo la sconfitta operaia del 1980 l’utile pre-imposte della Fiat in percentuale sul fatturato netto era salito dall’1% al 10%. Profitti decuplicati. Romiti aveva assorbito l’Alfa Romeo pur di impedirne il passaggio a Ford. L’anno dopo venne licenziato un esperto di automobili come Vittorio Ghidella perché aveva proposto un’integrazione con Ford Europe. Gli Agnelli restavano padroni assoluti ma la Fiat, dissipati i profitti di un decennio d’oro, andava in perdita e iniziava il suo declino. Marchionne lo tamponerà, ma dopo la sua morte Elkann ha avviato il processo di finanziarizzazione che fa felici gli azionisti ma prevede la rinuncia a qualsiasi espansione industriale nel Paese a cui gli Agnelli dovevano tanto.
Ora almeno si gioca a carte scoperte. La produzione in Italia è crollata a 500 mila vetture l’anno e la promessa di raddoppiarla somiglia a un miraggio. Fa impressione il silenzio che circonda il continuo prolungamento della cassa integrazione, l’incertezza sul futuro delle fabbriche, lo stesso sciopero di oggi. La politica sembra ridotta all’impotenza intanto che a vacillare è l’intero sistema italiano delle grandi imprese – dall’acciaio all’automotive – senza cui la nostra economia si riduce a un insieme di piccole aziende che vivacchiano grazie al basso costo della manodopera e alla “pace fiscale”.
Il governo mena gran vanto dei dati Istat che segnalano, a margine del calo produttivo, un aumento dell’occupazione a tempo indeterminato. Senza aggiungere però che lo si deve alla diffusione del lavoro scandalosamente mal retribuito e privo di tutele, come dimostra anche l’innalzarsi della quota di popolazione che versa in povertà. È come se la destra che ci governa, dopo aver garantito agli imprenditori di non frapporre ostacoli alla loro “libertà di fare”, contemplasse anche la trasformazione della classe operaia in plebe assoggettata. Cresce una rabbia sorda, trattenuta solo dalla rassegnazione, per questo retrocedere umiliante della dignità del lavoro che sta cambiando i connotati della nostra società: da cittadini lavoratori a individui resi docili dal bisogno.
Le tre stragi di operai in meno di un anno, da Brandizzo a Firenze a Suviana, hanno coinvolto ditte in appalto che operavano su commissione di grosse aziende pubbliche e private. Un campione del made in Italy come Giorgio Armani non ha sentito il bisogno di dire una parola quando si è scoperto che le sue merci di lusso venivano prodotte (a sua insaputa, davvero?) da dipendenti sottopagati. Per questo è un segnale importante lo sciopero di oggi a Torino, che non è solo il palcoscenico di una imbarazzante dinasty familiare Agnelli-Elkann. Nella città dell’automobile c’è ancora chi può sfilare a testa alta.
Sciopero contro Agnelli, sulla Stampa non si dice
Di Gad Lerner
12 Aprile 2024
Ci fu un tempo in cui La Stampa, nella Torino operaia, veniva chiamata la busiarda. Ieri, come allora, invano avresti cercato su quel giornale la parola “sciopero” nei pur ampi resoconti dedicati alla visita dell’ad di Stellantis, Carlos Tavares. Proprio non c’era. E pazienza se oggi a convocare lo sciopero dei metalmeccanici siano tutti i sindacati, compresi quelli di destra. Pazienza se aderiscono il sindaco, il presidente della Regione e perfino alcuni imprenditori dell’indotto del settore auto. Né di sciopero, né tanto meno di corteo sotto la Mole dà notizia il quotidiano cittadino.
Piace notarlo lo stesso giorno in cui il presidente di Stellantis, John Elkann, a proposito dei giornali di sua proprietà, scrive testualmente nella lettera agli azionisti Exor: “Non dobbiamo mai perdere un giornalismo indipendente che resti fedele ai lettori cui si rivolge e non agli interessi di chi li possiede”. Ci sarebbe da ridere se gli ottimi colleghi de La Stampa non vivessero lo stesso ricatto occupazionale che motiva la protesta dei lavoratori. Fioccano i dividendi per gli azionisti Exor. Tavares incassa uno stipendio centinaia di volte più alto di Vittorio Valletta, il manager che nel dopoguerra trasformò la Fiat in un monopolio privato. Il capo di Stellantis rimprovera il governo che tarda a stanziare gli incentivi per l’auto elettrica e lo minaccia nel caso concedesse spazio alla concorrenza: “Se accadrà, qualcuno sarà responsabile delle nostre decisioni impopolari”. Con una buona dose di faccia tosta, aggiunge: “Perché limitare la sovranità nazionale nell’industria dell’auto?”. Come se Stellantis non fosse a maggioranza francese. E come se la sede legale e fiscale di quella che fu la Fiat non fosse già stata trasferita all’estero da Marchionne, senza che in Italia nessun politico alzasse un sopracciglio.
Gianni Agnelli, l’Avvocato nonno di John Elkann, usava dire che “quel che va bene alla Fiat va bene all’Italia”. Non è mai stato vero, anche se in molti fingevano di credergli. Quando Cossiga lo nominò senatore a vita aveva da poco esportato all’estero una quota enorme del patrimonio di famiglia. Dopo la sconfitta operaia del 1980 l’utile pre-imposte della Fiat in percentuale sul fatturato netto era salito dall’1% al 10%. Profitti decuplicati. Romiti aveva assorbito l’Alfa Romeo pur di impedirne il passaggio a Ford. L’anno dopo venne licenziato un esperto di automobili come Vittorio Ghidella perché aveva proposto un’integrazione con Ford Europe. Gli Agnelli restavano padroni assoluti ma la Fiat, dissipati i profitti di un decennio d’oro, andava in perdita e iniziava il suo declino. Marchionne lo tamponerà, ma dopo la sua morte Elkann ha avviato il processo di finanziarizzazione che fa felici gli azionisti ma prevede la rinuncia a qualsiasi espansione industriale nel Paese a cui gli Agnelli dovevano tanto.
Ora almeno si gioca a carte scoperte. La produzione in Italia è crollata a 500 mila vetture l’anno e la promessa di raddoppiarla somiglia a un miraggio. Fa impressione il silenzio che circonda il continuo prolungamento della cassa integrazione, l’incertezza sul futuro delle fabbriche, lo stesso sciopero di oggi. La politica sembra ridotta all’impotenza intanto che a vacillare è l’intero sistema italiano delle grandi imprese – dall’acciaio all’automotive – senza cui la nostra economia si riduce a un insieme di piccole aziende che vivacchiano grazie al basso costo della manodopera e alla “pace fiscale”.
Il governo mena gran vanto dei dati Istat che segnalano, a margine del calo produttivo, un aumento dell’occupazione a tempo indeterminato. Senza aggiungere però che lo si deve alla diffusione del lavoro scandalosamente mal retribuito e privo di tutele, come dimostra anche l’innalzarsi della quota di popolazione che versa in povertà. È come se la destra che ci governa, dopo aver garantito agli imprenditori di non frapporre ostacoli alla loro “libertà di fare”, contemplasse anche la trasformazione della classe operaia in plebe assoggettata. Cresce una rabbia sorda, trattenuta solo dalla rassegnazione, per questo retrocedere umiliante della dignità del lavoro che sta cambiando i connotati della nostra società: da cittadini lavoratori a individui resi docili dal bisogno.
Le tre stragi di operai in meno di un anno, da Brandizzo a Firenze a Suviana, hanno coinvolto ditte in appalto che operavano su commissione di grosse aziende pubbliche e private. Un campione del made in Italy come Giorgio Armani non ha sentito il bisogno di dire una parola quando si è scoperto che le sue merci di lusso venivano prodotte (a sua insaputa, davvero?) da dipendenti sottopagati. Per questo è un segnale importante lo sciopero di oggi a Torino, che non è solo il palcoscenico di una imbarazzante dinasty familiare Agnelli-Elkann. Nella città dell’automobile c’è ancora chi può sfilare a testa alta.
Siamo passati "dal combattono con le pale perché non hanno munizioni" a "producono piú munizoni di tutta la NATO" e "avranno l'esercito piú grande del mondo"
https://corrieredelveneto.corriere.it/notizie/belluno/cronaca/24_maggio_03/scuola-sveglia-alle-4-e-280-km-al-giorno-per-un-mese-per-insegnare-a-cortina-gli-affitti-hanno-costi-impossibili-52047307-32c3-4ba5-bcf9-35758b5e3xlk.shtml
da marcon (VE) a cortina (BL) tutte le mattine?
Sicuri che in tutte le dolomiti non ci fossero affitti abbordabili?
ma come si fa a pubblicare certe minkiate..
da marcon (VE) a cortina (BL) tutte le mattine?
Sicuri che in tutte le dolomiti non ci fossero affitti abbordabili?
ma come si fa a pubblicare certe minkiate..
La terrificante previsione di Baba Vanga per il 2024 si è avverata"
Come riporta il Mirror molti inglesi si sono svegliati spaventati negli ultimi giorni.
Una delle profezie di Baba Vanga per il 2024 si sarebbe avverata, o almeno è quanto riporta il Mirror. La veggente bulgara scomparsa quasi 30 anni fa avrebbe previsto per quest'anno condizioni metereologiche terrificanti e negli ultimi giorni gli "inglesi si sono svegliati molto spaventati dopo una serie di forti temporali, come se fosse esplosa una bomba". Tuoni e fulmini hanno turbato molte persone durante la notte. In gran parte del Regno Unito è stata dichiarata l'allerta meteo
Vari giornali (questo era CdSport)... tutti sanno che non esistono profezie della signora ma fa nulla
Come riporta il Mirror molti inglesi si sono svegliati spaventati negli ultimi giorni.
Una delle profezie di Baba Vanga per il 2024 si sarebbe avverata, o almeno è quanto riporta il Mirror. La veggente bulgara scomparsa quasi 30 anni fa avrebbe previsto per quest'anno condizioni metereologiche terrificanti e negli ultimi giorni gli "inglesi si sono svegliati molto spaventati dopo una serie di forti temporali, come se fosse esplosa una bomba". Tuoni e fulmini hanno turbato molte persone durante la notte. In gran parte del Regno Unito è stata dichiarata l'allerta meteo
Vari giornali (questo era CdSport)... tutti sanno che non esistono profezie della signora ma fa nulla