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Subject: Hamas vs Israele

2023-10-14 01:55:02
Spezzettamento, inglobamento, un colpo di stato, sanzioni, ma ribadisco che quando crollerà l'impero Usa, crollerà anche Israele.

Avendo capito che il crollo è vicino, forse per questo Netanyahu ha provato a fare il passo più lungo della gamba per cancellare la Palestina, sogno dei sionisti più acerrimi e ricchi sparsi per il mondo.
2023-10-14 14:11:08
Appoggi Israele o sei un terrorista demmerda? I sondaggi quelli belli. (il pensiero unico non esiste, la propaganda è un complottoh!)

2023-10-14 14:48:57
Un sondaggio talmente accurato che la copertura del PD è del 104%
2023-10-14 15:57:33
Lol... se si rifà il sondaggio tra due settimane i numeri saranno diversi
2023-10-15 11:07:28
Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha avuto ieri un colloquio telefonico con l’omologo saudita Faisal bin Farhan Al Saud sulla crisi in Medio Oriente, rilevando che che le azioni di Israele “sono andate oltre l’ambito dell’autodifesa”. Mentre Tel Aviv “dovrebbe ascoltare seriamente gli appelli della comunità internazionale e del Segretario generale dell’Onu sullo stop alle punizioni collettive del popolo di Gaza”. Entrambi, ha riferito una nota della diplomazia di Pechino diffusa oggi, “hanno espresso preoccupazione per la situazione in Israele e Gaza”. Tutte le parti, ha aggiunto Wang, “non dovrebbero intraprendere alcuna azione per aggravare la situazione e dovrebbero tornare al tavolo delle trattative il prima possibile”, avendo come “priorità assoluta” ogni sforzo per garantire la sicurezza dei civili, per aprire canali di soccorso umanitario il prima e per salvaguardare i bisogni fondamentali della popolazione di Gaza. “La Cina ritiene che l’ingiustizia storica contro la Palestina duri da più di mezzo secolo e che non possa continuare: tutti i paesi amanti della pace e della giustizia dovrebbero parlare apertamente e chiedere l’attuazione della ‘soluzione dei due Statì il prima possibile”, ha notato il capo della diplomazia cinese, assicurando che Pechino “è disposta a collaborare con l’Arabia Saudita e gli altri Paesi arabi per continuare a sostenere la giusta causa palestinese e per raggiungere una soluzione globale, giusta e duratura”. Faisal, sempre nel resoconto cinese, ha detto che l’Arabia Saudita “condanna tutti gli attacchi contro i civili e si oppone al trasferimento forzato da parte di Israele dei residenti di Gaza al di fuori della regione”, sollecitando una rete di aiuti umanitari e assicurando che l’Arabia Saudita è disposta a collaborare con la Cina “affinché tutte le parti rispettino il diritto internazionale umanitario a tutela dei civili dai danni e nel rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza sulla questione palestinese”.


Sottolineo che esprimere questo tipo di posizione in occidente potrebbe presto essere considerato illegale.
2023-10-15 14:59:40
Io noto un linguaggio il più possibile "equidistante"; "tutte le parti", "tutti gli attacchi", "soluzione globale" ecc.
La nota storica "l’ingiustizia storica contro la Palestina duri da più di mezzo secolo e che non possa continuare", oltreché ormai condivisa da tutti a parte i fanatici è anche, imho, meno ingiuntiva di quanto possa apparire: cioè, mi suona come un "Guarda, tu hai ragione, ragionissima, ma...".

Voglio dire che Cina e Arabia sostanzialmente vogliono che si chiuda la faccenda, non quella attuale ma quella storica, in un reciproco riconoscimento (i famosi due Stati) e che quindi non solo dovrà fare un passo indietro Israele (secondo la formula "territori in cambio di pace") ma pure i palestinesi devono finirla con il programma politico di questi settant'anni ("dal fiume al mare" e non riconoscimento di Israele).

l'Arabia, per come la vedo io, non vorrebbe tagliare i ponti con Israele e subire il protagonismo iraniano nella regione.

Bisogna vedere se i fatti, le azioni, gli consentiranno di mantenere questa sobrietà.
Credo che gli Usa stiano premendo tantissimo su Israele per evitare di rompere del tutto gli argini
(edited)
2023-10-15 16:27:57
La Cina sta chiaramente provando a costruirsi un ruolo di leader, vedremo quali saranno le prossime mosse e come faranno in modo di spingere per una reale soluzione. E se il tutto ci verrà raccontato senza i soliti filtri.
2023-10-15 17:06:16
Concordo, mi pare che la Cina stia fornendo a tutti i paesi del sud del mondo un'alternativa alla leadership americana che NON HA PERMESSO di risolvere il problema sino ad oggi.
Chiaramente lo fanno per sottrarre influenza agli USA, ma il resto del mondo non è scemo, gli stati arabi cominciano a chiedersi: perchè essere il campo di battaglia altrui?
2023-10-15 19:52:21
vi segnalo i miei video preferiti attraverso i quali provare a farmi un'idea precisa:

questo è molto interessante perchè dedicato ai legami economici tra Israele e il mondo arabo



questo invece è interessante perchè ci da un'idea di come viene raccontata la cosa da al jazeera english (vi suggeirisco di iscrivervi al canale)


(edited)
2023-10-15 19:57:51
anche l'intervento della giornalista esperta di hamas può dare un contributo



sto iniziando a seguire anche il suo blog: https://www.invisiblearabs.com/
2023-10-15 20:00:17
Mi è sembrato utile anche questo articolo de Il Corriere della Sera

qui l'originale da cui è tratto: https://www.nytimes.com/2023/10/10/opinion/israel-hamas-.html

La «trappola» di Hamas e Iran a Israele e cosa dovrebbe fare Israele per evitarla, secondo Friedman
di Gianluca Mercuri
Hamas e l’Iran vogliono attirare Israele in una trappola, chiamata Gaza, scrive Thomas Friedman, uno dei massimi esperti del conflitto israelo-palestinese, sul New York Times: riuscirà Israele a evitarla?

La «trappola» di Hamas e Iran a Israele e cosa dovrebbe fare Israele per evitarla, secondo Friedman
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Se Israele farà un strage a Gaza, farà esattamente quello che si aspettano e desiderano i suoi peggiori nemici: Hamas e l’Iran. Sarà inevitabilmente una strage di bambini, perché nella Striscia oltre metà della popolazione ha meno di 18 anni, il 40% meno di 14. I bambini superano abbondantemente il milione e colpire massicciamente Gaza vuol dire colpire certamente i civili e massicciamente i bambini. Se, come ormai pare probabile, Israele farà questa scelta, il suo sarà un autogol morale. Ma se la questione morale va facilmente in secondo piano quando si combatte per la propria sopravvivenza, è l’autogol politico che dovrebbe preoccupare Israele e chi la ama davvero. L’autogol politico è quello che hanno architettato i suoi nemici. E Israele sta cadendo nella trappola.

Le ultime notizie sulla guerra fra Israele e Hamas, in diretta

Queste cose le scrive Thomas Friedman, che dovrebbe essere la bussola morale e politica di chiunque si avventuri a scrivere un articolo sul conflitto israelo-palestinese. Non solo perché quel conflitto il grande giornalista americano lo conosce meglio di chiunque, avendolo seguito sul campo per tutta la vita, ma anche perché è un esempio di come la passione debba sempre animare questo mestiere. E passione vuol dire (anche) non nascondere cosa si pensa ma argomentarlo con onestà e conoscenza dei fatti. Anche Tom Friedman ha Israele nella sua biografia e — inossidabilmente — nel cuore: ha passato la gioventù nei kibbutz come quelli profanati dalla violenza jihadista. Ma Tom Friedman ha dei valori precisi, non mescola mai i fatti a suo piacimento, non omette parti di verità. La verità la conosce e non si improvvisa tuttologo. Per questo il suo mix di passione e conoscenza dovrebbe essere di esempio a ogni commentatore. Ma siccome questo è un auspicio troppo ottimistico, perlomeno Tom Friedman ci aiuta a disintossicarci dal mix di cinismo e ignoranza dei fatti che contraddistingue molti commenti italici. Tom Friedman è un diboscatore, un debunker che elimina gli errori di programmazione di certa pubblicistica, che programma più propaganda che informazione.


Facciamoci quindi guidare da questo grande giornalista, un ebreo americano liberal, progressista, con Israele davvero nel cuore. Punto per punto.

• Il paragone storico
«Mi occupo di questo conflitto da quasi 50 anni e ho visto israeliani e palestinesi fare molte cose terribili gli uni agli altri: attentatori suicidi palestinesi che fanno saltare in aria discoteche e autobus israeliani; caccia israeliani che colpiscono quartieri di Gaza che ospitano combattenti di Hamas, ma che causano anche ingenti vittime tra i civili. Ma non ho mai visto qualcosa di simile a ciò che è accaduto lo scorso fine settimana: singoli combattenti di Hamas che radunano uomini, donne e bambini israeliani, li guardano negli occhi, li uccidono e, in un caso, fanno sfilare una donna nuda per Gaza al grido di “Allahu akbar”».

Friedman paragona il massacro compiuto dagli islamisti palestinesi il 7 ottobre a quello subito dai palestinesi laici nel 1982, nei campi profughi libanesi di Sabra e Chatila, quando circa 3.500 persone furono trucidate dalle milizie cristiano-maronite, con l’esercito israeliano che le fece entrare e dall’alto illuminò i campi per facilitare il lavoro. Scrive dunque: «Pur non facendomi illusioni sull’impegno di lunga data di Hamas per la distruzione dello Stato ebraico, mi chiedo oggi: da dove viene questo impulso simile a quello dell’Isis per l’omicidio di massa come obiettivo primario? Non la conquista del territorio, ma il semplice omicidio? C’è qualcosa di nuovo che è importante capire».

•Il fattore saudita
La spiegazione è l’avvicinamento in corso tra Israele e Arabia Saudita, che decreterebbe — stavolta davvero — la fine di ogni speranza di autodeterminazione per i palestinesi. «Sebbene questa operazione sia stata sicuramente pianificata dai leader di Hamas mesi fa, credo che le sue origini emotive possano essere spiegate in parte da una fotografia apparsa sulla stampa israeliana il 3 ottobre. Alcuni ministri del governo israeliano si erano recati a Riad, in Arabia Saudita, per la loro prima visita ufficiale in assoluto, per partecipare a conferenze internazionali tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, e la stampa israeliana ne ha parlato molto».

Nella foto, si vede un delegato israeliano alla conferenza delle Nazioni Unite sulle poste in corso nella capitale saudita. È in una pausa di preghiera, con addosso il tradizionale scialle ebraico e la kippah, e regge un rotolo della Torah. Dalla finestra, spunta lo skyline di Riad.

«Per gli ebrei israeliani, questa foto è un sogno che si avvera, la massima dimostrazione che si è finalmente stati accettati in Medio Oriente, più di un secolo dopo l’inizio del movimento sionista per costruire un moderno Stato democratico nella patria biblica del popolo ebraico. Poter pregare con una Torah in Arabia Saudita, luogo di nascita dell’Islam e sede delle sue due città più sacre, La Mecca e Medina, è un livello di accettazione che tocca l’anima di ogni ebreo israeliano».

Per i palestinesi, soprattutto quelli affiliati ai movimenti islamisti, ma non solo per loro, quella foto ha il significato esattamente contrario: la fine della loro causa, che anche il più influente Stato arabo — l’epicentro dell’Islam sunnita, il Paese che custodisce i luoghi santi, l’alleato di cui l’America ha provato a fare a meno senza riuscirci — decide di smettere di difendere per coltivare il proprio esclusivo interesse geopolitico ed economico, quello di una normalizzazione dei rapporti con l’eterno nemico sionista. E dunque, è anche il trionfo di Benjamin Netanyahu, la realizzazione del suo progetto più importante: «Dimostrare a tutti i detrattori, anzi sbattere loro in faccia, che può fare la pace con tutti gli Stati arabi — persino con l’Arabia Saudita — senza dover cedere un solo centimetro di terra ai palestinesi».

È — sarebbe — il completamento del disegno del sionismo revisionista, la corrente di destra del movimento nazionale ebraico. La prima tappa era stata realizzata dall’antenato politico di Netanyahu, Menachem Begin, capace alla fine degli anni ‘70 di fare la pace con l’Egitto, la nazione araba militarmente più potente e minacciosa. Pace separata, raggiunta marginalizzando i palestinesi e proseguendo nel frattempo l’annessione strisciante degli ultimi territori rimasti sotto i loro piedi, attraverso una colonizzazione sempre più massiccia. Un disegno proseguito con l’altro Paese chiave, la Giordania, sulla spinta degli illusori Accordi di Oslo, quelli con cui i palestinesi speravano di ottenere il loro Stato. E arrivato fino agli anni nostri con la regia di Donald Trump, gli «Accordi di Abramo» con Emirati arabi e Bahrein.

Dunque Netanyahu voleva — vuole — sublimare questo percorso e «dimostrare a tutti che Israele può avere la sua torta — accettata da tutti gli Stati arabi circostanti — e mangiare anche il territorio dei palestinesi». Nota bene: sarebbe un pasto definitivo. I sauditi, ancora nel 2002, avevano proposto a Israele una pace vera, che cioè coinvolgesse anche i palestinesi: rinuncia a una parte significativa dei Territori conquistati nel 1967 e nascita di una Palestina indipendente, in cambio del riconoscimento dello Stato ebraico da parte di tutti i Paesi arabi. Pace vera, pace in cambio di terra, definitiva, non pace finta, alle spalle dei palestinesi. Finta perché, com’era già evidente prima del 7 ottobre, prima o poi i palestinesi si ribellano, e di imprevedibile c’è solo la modalità.

• Il disegno di Hamas
Ecco dunque la mossa sconvolgente del movimento islamista, la carneficina che nessuno si aspettava. Siamo al passaggio decisivo del ragionamento di Friedman, che tutti i commentatori italiani dovrebbero stamparsi in mente: «Credo che uno dei motivi per cui Hamas non solo ha lanciato ora questo assalto, ma ha anche apparentemente ordinato che fosse il più omicida possibile, sia stato quello di scatenare una reazione eccessiva di Israele, come un’invasione della Striscia di Gaza, che avrebbe portato a massicce vittime civili palestinesi e in questo modo avrebbe costretto l’Arabia Saudita a fare marcia indietro dall’accordo mediato dagli Stati Uniti». Non solo i sauditi: la contro-carneficina metterebbe a rischio anche gli Accordi di Abramo.

Era questa, dunque, «l’essenza del messaggio di Hamas a Netanyahu e alla sua coalizione di governo di estrema destra, composta da suprematisti ebrei e ultraortodossi: non sarete mai a casa vostra, non importa quanta terra vi venderanno i nostri fratelli arabi del Golfo. Vi costringeremo a perdere la testa e a fare cose folli a Gaza che costringeranno gli Stati arabi a evitarvi».

C’è poi il lato che ricorda davvero gli assassini del Bataclan: come quelli, Hamas ha colpito l’anima progressista di Israele, la più lontana dagli integralisti, la più attraente per i palestinesi che vorrebbero una vita normale, senza nemici che ti privano della terra e senza fanatici che ti privano della libertà: a subire l’assalto terroristico sono state «le case degli abitanti dell’Israele pre-1967, dell’Israele democratica, dell’Israele progressista, che viveva in kibbutz pacifici o andava a una festa in discoteca, la tipica festa di chi ama la vita», ha detto al giornalista lo scrittore Ari Shavit. In questo senso, per Hamas «la sola esistenza di Israele è una provocazione».

•La domanda che Israele dovrebbe farsi
È semplicemente questa:

«Cosa vogliono che faccia i miei peggiori nemici e come posso fare il contrario?».

Stamparsi anche la risposta, per favore: «Ciò che vogliono i peggiori nemici di Israele — Hamas e l’Iran — è che Israele entri a Gaza e si impegoli in un’invasione strategica che farebbe sembrare il coinvolgimento dell’America a Falluja (la città irachena che costrinse le forze Usa a durissimi combattimenti tra il 2003 e il 2004, ndr) una festa di compleanno per bambini. Stiamo parlando di combattimenti casa per casa che minerebbero qualsiasi simpatia Israele abbia raccolto sulla scena mondiale, distogliendo l’attenzione del mondo dal regime omicida di Teheran e costringendo Israele a estendere le sue forze per occupare permanentemente Gaza e la Cisgiordania. Hamas e l’Iran non vogliono assolutamente che Israele si astenga dall’entrare a Gaza in profondità o a lungo».

•Il fattore Autorità nazionale palestinese
La screditata entità nata dagli Accordi di Oslo e rimasta una crisalide incompiuta, una patria ridotta allo Stato larvale, un non-Stato: ecco l’altro obiettivo della strage di sabato. Hamas sapeva che, nel suo realismo disperato, l’Anp era pronta ad accettare la pace tra Israele e i sauditi, ma in cambio di concessioni di un qualche significato da parte di Israele, e su cui l’ultradestra aveva già sbarrato la strada a Netanyahu. Il classico gioco in cui gli opposti estremismi — i fascisti teocratici delle due parti — si danno una mano. Ma Netanyahu — che pure è la migliore destra israeliana possibile — non è innocente nemmeno qui. Friedman: «Ha sempre preferito trattare con un Hamas ostile a Israele piuttosto che con il suo rivale, l’Autorità palestinese più moderata, che ha fatto di tutto per screditare, anche se l’Anp ha lavorato a lungo a stretto contatto con i servizi di sicurezza israeliani per mantenere la Cisgiordania tranquilla, e Netanyahu lo sa».

L’analisi è di una nitidezza meravigliosa: «Netanyahu non ha mai voluto che il mondo credesse che esistono “palestinesi buoni” pronti a vivere in pace accanto a Israele e a cercare di coltivarli. Per anni ha sempre voluto dire ai presidenti degli Stati Uniti: Cosa volete da me? Non ho nessuno con cui parlare da parte palestinese». Lo ha scritto bene anche Chuck Freilich, ex vice consigliere per la sicurezza nazionale israeliana, in un saggio pubblicato domenica su Haaretz: «Per un decennio e mezzo il primo ministro ha cercato di istituzionalizzare la divisione tra la Cisgiordania e Gaza, di minare l’Autorità palestinese, e di condurre una cooperazione de facto con Hamas, il tutto per dimostrare l’assenza di un partner palestinese e per garantire che non ci potesse essere un processo di pace che avrebbe potuto richiedere un compromesso territoriale in Cisgiordania».

•Democrazia contro teocrazia
Il presidente Biden deve dire a Netanyahu che l’America «farà tutto il possibile per aiutare la democratica Israele a difendersi dai fascisti teocratici di Hamas e dai loro fratelli di anima di Hezbollah in Libano, se dovessero entrare in lotta. Ma in cambio Netanyahu deve ricollegarsi all’Israele democratica e liberale, in modo che il mondo e la regione vedano questa non come una guerra di religione, ma come una guerra tra la prima linea della democrazia e la prima linea della teocrazia. Ciò significa che Netanyahu deve cambiare il suo gabinetto, espellere i fanatici religiosi e creare un governo di unità nazionale con Benny Gantz e Yair Lapid». Proprio oggi, il premier ha seguito il suggerimento ma solo in parte: dentro Gantz — che farà parte con lui e con il ministro della Difesa Gallant del Consiglio di sicurezza, quello che farà le scelte decisive sulla guerra — ma non Lapid, che chiedeva la cacciata totale dell’ultradestra. Il che sembra dare ragione a Friedman (anche) quando scrive che «purtroppo Netanyahu continua a dare priorità alla sua coalizione di fanatici, di cui ha bisogno per proteggersi dal suo processo per corruzione e per completare il suo colpo di Stato giudiziario, che azzererebbe la Corte Suprema di Israele. Questo è un vero pasticcio» .

•Cosa ha distratto Israele
A distrarla è stato proprio il «colpo giudiziario», contro il quale si è sollevata (democraticamente) gran parte delle forze armate: «Vi assicuro che se e quando ci sarà un’inchiesta su come l’esercito israeliano abbia potuto non accorgersi di questo rafforzamento di Hamas, gli investigatori scopriranno che i vertici dell’esercito israeliano hanno dovuto dedicare così tanto tempo a evitare che i piloti e gli ufficiali di riserva dell’aeronautica boicottassero il loro servizio per protestare contro il colpo di stato giudiziario di Netanyahu, per non parlare del tempo, dell’attenzione e delle risorse che hanno dovuto dedicare a impedire ai coloni estremisti e ai fanatici religiosi di fare cose folli a Gerusalemme e in Cisgiordania, che hanno distolto lo sguardo dalla palla».

•Il meglio e non il peggio
Che cosa si può aggiungere a queste note così limpide e veritiere? Altre note limpide e veritiere, perché questo articolo è un pozzo inesauribile. Conclude infatti Tom Friedman: «L’America non può proteggere Israele nel lungo periodo dalle minacce reali che deve affrontare, a meno che Israele non abbia un governo che rifletta il meglio, e non il peggio, della sua società, e a meno che questo governo non sia pronto a cercare di forgiare compromessi con il meglio, e non il peggio, della società palestinese».

Sono pepite preziose a disposizione di tutti. Molti commentatori italiani, pseudo esperti o improvvisati, potrebbero attingervi con un semplice copia e incolla: Friedman non si offenderebbe, e loro farebbero una figura migliore.
2023-10-16 10:49:53
Utile per capire quanto e’ manipolatorio sto Friedman.

Una domanda:
se davvero i servizi segreti e i sistemi di sicurezza, tra i migliori al mondo, di un paese sempre all’erta hanno fallito, non sarebbe giusto che qualcuno in Israele si dimettesse o fosse messo sotto inchiesta? Vedremo! Probabilmente qualche ultima ruota del carro a cui hanno detto “zitto e non fare niente”.
Chi ha pagato per “la dormita” dell’11 settembre in USA?
IPOCRISIA A CHILI!
2023-10-16 13:48:45
Il ministro della difesa ed i capi dell'esercito israeliani sono stati defenestrati? Per adesso non mi pare...
2023-10-16 17:17:58
Per rispondere ai vostri quesiti bisognerebbe essere degli esperti ed io non lo sono.
debbo dire che la domanda viene posta da più parti.
gli esperti mi pare di capire rispondano dicendo che ciò avverrà ma non oggi. oggi prevarrà comunque il senso della nazione e la necessità di essere compatti
però, lo ripeto, ascolto e leggo e mi fermo qui
oggi ho ascoltato molte cose e mi rendo conto di quanto sia difficile anche solo provare a comprendere la complessità della società israeliana , con le forti pressioni nazionalistiche e religiose in pieno contrasto con la visione laica e socialista dei padri fondatori
2023-10-16 17:54:10
Sulla visione del padre fondatore di Israele David Ben Gurion, proprio oggi lo storico Franco Cardini ha gettato un'ombra di simpatie.. per il fascismo! Sono rimasto a bocca aperta quando l'ha detto...
2023-10-16 19:05:00
Mah